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Riflessi Arcaici e Stress


Quali sono i meccanismi di risposta allo stress?

Come mammiferi, quando c’è un pericolo o una sfida, l’organismo si attiva per farvi fronte. Tutto questo avviene grazie al “sistema nervoso autonomo”, così chiamato perché funziona in modo indipendente dalla nostra volontà. Oggi, grazie alla “teoria polivagale”, elaborata dal neurofisiologo americano Stephen Porges, sappiamo che il suo funzionamento è più complesso di quello che si pensava.

Nell’essere umano il sistema nervoso autonomo risponde ai pericoli presenti nell’ambiente attivando gradualmente i tre livelli di difesa di cui dispone. Dapprima reagisce con le risposte che vengono dal gradino evolutivo più recente, quello parasimpatico ventrovagale: la persona parla, sorride, cerca di “ingaggiare” l’interlocutore e potenziale nemico. Se queste non bastano a metterci al sicuro, entra in azione il sistema simpatico: la persona contrae i muscoli, accelera il battito cardiaco e la respirazione e si mette in assetto di difesa, attaccando o fuggendo. Se neppure queste risposte sono utili, si attivano le risposte sempre più primitive, quelle mediate dal parasimpatico dorsovagale: la persona collassa, sviene (è la “morte apparente”).

Che cosa accade nella “risposta di congelamento”?

Stephen Porges ha scoperto con la sua teoria polivagale che il nostro sistema nervoso autonomo si è filogeneticamente modificato, nella transizione da rettili a mammiferi, in favore dei meccanismi di funzionamento tipici di questi ultimi, che sono più evoluti, per cui attualmente noi siamo dotati di modalità difensive sia arcaiche (rettili) che più recenti (mammifere).

Vi sono, infatti, situazioni dove è più sicuro congelarsi, piuttosto che lottare o fuggire. Per esempio, se qualcuno ci minaccia con un’arma, è più probabile sopravvivere se ci immobilizziamo piuttosto che provare a correre via o ad ingaggiare una lotta a mani nude.

La messa in campo del sistema di immobilizzazione, però, a differenza dell’uso del simpatico, per noi umani ha delle conseguenze. Mentre, infatti, una volta terminato l’evento minaccioso, tornare alla “normalità” dal sistema simpatico è relativamente veloce, utilizzare la via rettile del congelamento, filogeneticamente più antica e meno evoluta (è una via non mielinizzata, tra l’altro) fa sì che più difficilmente si possa tornare alla normalità.

In che modo lo stress influenza i riflessi arcaici?

Quando il Riflesso di Moro viene attivato, i meccanismi di difesa dell’organismo vengono immediatamente allertati, mediante un’attivazione del Sistema Nervoso Simpatico che determina:

  • rilascio di adrenalina e cortisolo (ormoni da stress)
  • tachipnea (aumento della frequenza respira (aumento della frequenza cardiaca)
  • aumento della pressione sanguigna

Il riflesso di Moro rappresenta la prima forma di risposta “fight or flight” (lotta o fuga) e può occasionalmente emergere nell’adulto in situazioni estreme di stress emotivo, fisico o ambientale.

Un Riflesso di Moro ancora attivo mantiene il bambino in uno stato di allerta costante, che aumentano la sua sensibilità e reattività innescando un circolo vizioso.

Mentre gli altri riflessi tendono ad influenzare specifiche abilità, il Riflesso di Moro ha un impatto globale sul profilo emozionale del bambino
(Sally Goddard)

Bisogna sapere inoltre che Una risposta allo stress è presente già nell’embrione e si chiama “Riflesso di Paralisi“. Si tratta di una reazione estrema allo spavento che comporta l’immediato blocco motorio del bambino, una vera e propria paralisi accompagnata da bradicardia, diminuzione della pressione sanguigna ed estrema paura, mediate da un’attivazione del Sistema Nervoso Parasimpatico.

È come se il bambino entrasse in “modalità di sopravvivenza”, questo consente alla mamma di impiegare tutte le sue risorse per rispondere alla minaccia. Se il feto è sottoposto a condizioni estremamente stressanti, il riflesso può essere costantemente evocato e questo ne impedirà l’integrazione.

Se il riflesso di Retrazione non verrà inibito, anche il riflesso di Moro rimarrà attivo e questo genererà un effetto a catena anche sugli altri riflessi.

Cosa si potrebbe fare per favorire una corretta integrazione di questi riflessi?

La già citata “teoria polivagale” di Stephen Porges attribuisce una estrema importanza alla via ventrovagale, quella che ha origine dal nucleo ambiguo del tronco encefalico. Questa via vagale è filogeneticamente la più recente in assoluto ed è deputata alla gestione del sistema di coinvolgimento sociale. È una via neurologica esclusiva dei mammiferi ed è sostanzialmente la piattaforma neurale che fornisce la guida alle nostre relazioni.

Da un punto di vista gerarchico, la via vagale ventrale è di ordine superiore alle altre del sistema nervoso autonomo e viene da noi utilizzata quando ci sentiamo al sicuro per coinvolgerci nella relazione con gli altri in modo efficace e positivo, consentendoci così di stare bene, di crescere al meglio e di recuperare le energie.

Allenare quindi le relazioni sociali fin dai primi mesi di vita, promuovendo l’attaccamento tra madre e figlio, consente di porre le basi e fornire al bambino quegli strumenti che un domani gli permetteranno di approcciarsi al mondo circostante e di relazionarsi con gli altri.

Dott. Alessio Bellabarba

Il Dott. Alessio Bellabarba è Osteopata, Dottore in Scienze Motorie e Massoterapista con sede a Roma.
Si diploma presso l'istiuto Tecnico Industriale "ITIS E. Fermi ".
Consegue la laurea in Scienze Motorie presso l'Università di Perugia e poi il diploma quinquennale di Osteopatia.
Inoltre, nel 2018, consegue l'abilitazione alla professione di Massoterapista.

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